lunedì, 16 agosto 2004 - 09:26
Kalindi Achala nasce a Kendrapara, nell'Orissa (India), il 13 ottobre del 1902. Nonostante facesse parte della tribù degli Oraons, ha presto imparato la lingua di Stato, l'Oriya. Tuttavia, ha vissuto fin dall'inizio nei rituali e nel modo di vivere della sua tribù, dove, se gli omicidi per il guadagno della proprietà erano rari, quelli per vendetta e gelosia sentimentale erano piuttosto frequenti. Difatti, all'età di soli 17 anni, assiste all'uccisione della sua sorellina più piccola, usata come riscatto per un debito contratto dal padre. In questo doloroso clima, comincia a scrivere poesie e riflessioni su di un diario di pergamena ricevuto in dono dall'anziana e saggia nonna materna, alla quale Kalindi era strettamente legata. Pur vivendo non lontana dal mare, è ritirandosi solitaria su una montagna ai piedi del suo paese che Kalindi scrive. A 18 anni comincia a viaggiare anche fuori dell’India, alla ricerca di realtà diverse. Tocca Paesi come il Nepal, l’Africa, la Grecia, fino a spingersi in Italia dove, indirettamente, conosce i poeti più celebri del tempo: i poeti d’avanguardia, novecenteschi. Proprio in questo periodo scrive "Musa dispensatrice", "Vita" e "Riflessioni di un’anima eremita".Kalindi morirà all’età di 83 anni, proprio a Kendrapara. Si dice che fu ritrovata "ai piedi Similipal; un fiore di loto tra i capelli e nelle mani, stretti al petto, scritti di poeti locali e stranieri: Jaychand, Verlaine, Mridula, Montale,…". Secondo una leggenda Oraons, il fiore di loto porta con sé il significato di libertà spirituale: simbolo di leggerezza, i suoi petali richiamano le ali della divinità Abha, una dea indiana dalle sembianze di una farfalla, che in tale insetto è stata trasformata per liberarsi dalle catene che la imprigionavano a una roccia rovente.

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