martedì, 14 marzo 2006-11:03
Platea
completamente piena. Temperatura ambiente mite, interna febbrile. Le
luci si spengono e lui comincia a suonare.
Attendevo questa
sera dal momento in cui, per la prima volta, sentii le note del suo album “I
Giorni”. Stupende. E questa sera, come quella volta, Ludovico Einaudi ha
suonato un’eterna rinascita. Suona quintine, ma il suo pianoforte è ricco anche
di accesi trilli e terzine, quando la tensione sale all’estremo e culmina in
una pace ritrovata o in una perenne depressione. Insomma, rifacendomi
all’illustre Petrarca, potrei dire che la sua musica “mille volte muore e mille
nasce”. Spesso lascia interpretare, come fa un quadro d’arte contemporanea.
Il Teatro Turreno a
Perugia è grande e maestoso, ma lui, sul palco, è definito e umile, raccolto in
una semplice e domestica scenografia: un pianoforte a coda, un panchetto e due
casse che lo abbracciano nel suo ambiente.
Due volte ha
interrotto la sua musica per rivolgersi al pubblico. Parla in silenzio,
sottovoce, come se non volesse disturbare né interrompere la musica che gli
suona dentro.
Inclinato sulla
sinistra è vestito in un nero fumè caldo, ma impersonale, ignoto, incognito. La
luce lo illumina dall’alto, non lo bagna completamente, come se lui non avesse
ancora completato la sua ascesa, ma lo segue in tutti i suoi movimenti, parla
con lui.
Il pianoforte si
lascia suonare, come un caro amico si abbandona ad ascoltare con affetto
l’altro, e lui confessa i suoi segreti. Ludovico e il pianoforte: due complici.
Egli può parlare solo suonando, analfabeta di corde vocali umane.
Ma…mi ha parlato
tutta la sera. Non saprei né potrei ridirvi cosa mi ha raccontato, però abbiamo
conversato per tutto il tempo.
E verso la fine, a
tratti, sembrava che la luce lo abbracciasse fino alla vita.
Nella locandina,
che per settimane mi ha guardata dal finestrino dell’autobus, i suoi occhi sono
umidi e saggiamente tristi, ma gli angoli della sua bocca sono leggermente
piegati verso l’alto, a mostrare un sorriso cosciente e accennato.
Questa sera, a
teatro, Ludovico mostra tutti i segni di un’età più lontana da quell’immagine.
I capelli non sono così curati, il viso è più rotondo e segnato dal tempo. Ma
quegli occhi sono sempre gli stessi e, con il suo docile sorriso, esprimono una
schiacciante coscienza della vita.
Per tutta la sera
ha raccontato la sua storia.
E, come una favola,
per non lasciarci andare a dormire malinconici, ha concluso suonando un
sorriso…enigmatico.
Sito ufficiale di Ludovico Einaudi: www.ludovicoeinaudi.com

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