martedì 14 febbraio 2012

Ludovico Einaudi


martedì, 14 marzo 2006-11:03 


Platea completamente piena. Temperatura ambiente mite, interna febbrile.  Le luci si spengono e lui comincia a suonare.
Attendevo questa sera dal momento in cui, per la prima volta, sentii le note del suo album “I Giorni”. Stupende. E questa sera, come quella volta, Ludovico Einaudi ha suonato un’eterna rinascita. Suona quintine, ma il suo pianoforte è ricco anche di accesi trilli e terzine, quando la tensione sale all’estremo e culmina in una pace ritrovata o in una perenne depressione. Insomma, rifacendomi all’illustre Petrarca, potrei dire che la sua musica “mille volte muore e mille nasce”. Spesso lascia interpretare, come fa un quadro d’arte contemporanea.
Il Teatro Turreno a Perugia è grande e maestoso, ma lui, sul palco, è definito e umile, raccolto in una semplice e domestica scenografia: un pianoforte a coda, un panchetto e due casse che lo abbracciano nel suo ambiente.
Due volte ha interrotto la sua musica per rivolgersi al pubblico. Parla in silenzio, sottovoce, come se non volesse disturbare né interrompere la musica che gli suona dentro.
Inclinato sulla sinistra è vestito in un nero fumè caldo, ma impersonale, ignoto, incognito. La luce lo illumina dall’alto, non lo bagna completamente, come se lui non avesse ancora completato la sua ascesa, ma lo segue in tutti i suoi movimenti, parla con lui.
Il pianoforte si lascia suonare, come un caro amico si abbandona ad ascoltare con affetto l’altro, e lui confessa i suoi segreti. Ludovico e il pianoforte: due complici. Egli può parlare solo suonando, analfabeta di corde vocali umane.
Ma…mi ha parlato tutta la sera. Non saprei né potrei ridirvi cosa mi ha raccontato, però abbiamo conversato per tutto il tempo.
E verso la fine, a tratti, sembrava che la luce lo abbracciasse fino alla vita.
Nella locandina, che per settimane mi ha guardata dal finestrino dell’autobus, i suoi occhi sono umidi e saggiamente tristi, ma gli angoli della sua bocca sono leggermente piegati verso l’alto, a mostrare un sorriso cosciente e accennato.
Questa sera, a teatro, Ludovico mostra tutti i segni di un’età più lontana da quell’immagine. I capelli non sono così curati, il viso è più rotondo e segnato dal tempo. Ma quegli occhi sono sempre gli stessi e, con il suo docile sorriso, esprimono una schiacciante coscienza della vita.
Per tutta la sera ha raccontato la sua storia.
E, come una favola, per non lasciarci andare a dormire malinconici, ha concluso suonando un sorriso…enigmatico.
Sito ufficiale di Ludovico Einaudi: www.ludovicoeinaudi.com

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