--Quando Marijo si sentiva solo o
deluso dalla sua vita terrestre, o
semplicemente quando gioiva per qualche soddisfazione, il mare era sempre lì ad
aspettarlo per accogliere le sue parole, comprenderle nei suoi abbracci
sinusoidali, caricarle di significato gonfiandole nelle sue onde e rispedire a
riva la sua risposta, stendendola sul bagnasciuga ai piedi del suo migliore
amico. Allo stesso modo, Marijo era presente quando l’acqua e il suo sale
avevano bisogno di uno sfogo e gli si concedeva totalmente, lasciando il suo
corpo disteso fra le onde e permettendo a queste di sussurrargli nelle orecchie
tutti i loro segreti.
Camminando sul ponte, lungo il
bordo della piccola nave, interrogava le onde. Queste, permalose, frustavano lo
scafo schizzandogli il viso di sale. “Mi stai schiaffeggiando?”, pensava
Marijo, rivolgendosi al mare. E si accarezzò la guancia, raccogliendo un po’ di
amorevole umidità. Sfregò l’indice con il pollice guardandoli da vicino, come a
voler analizzare le gocce e scoprire attraverso queste il messaggio che la sua
amante le stava mandando. Ma l’unica cosa che poté concludere fu che la sua
pelle assorbiva più in fretta di quanto immaginasse e che l’acqua penetrava fra
le screpolature della sua mano come la pioggia in un terreno arso dalla
siccità. Così, non capiva che quelle gocce erano lacrime, le lacrime che solo
una donna innamorata del suo uomo riesce a piangere con tanta sincerità.
Fu in quell’attimo che Marijo, alla sua sinistra, riuscì a vedere
distintamente, alla luce del tramonto, il profilo di Capo Verde. A passo
spedito raggiunse il timone e, fra mille incomprensibili calcoli mentali e
rotte e coordinate, virò a manca con un gesto deciso delle mani, incrociando
l’avambraccio destro sul sinistro più volte, fino a indirizzare il suo não a sud-est, verso Rio Congo, verso il
finis terrae, verso le Indie. La nave
era in ritardo, a fine settembre avrebbe dovuto trovarsi già ben oltre Elmina.
Ma, si sa, per due amanti il tempo non esiste e anzi, se esistesse, scorrerebbe
molto più lentamente, permettendogli di rimanere il più a lungo possibile
vicini, inseparabili. Così Marijo si era lasciato trasportare dal suo amore e
non dai venti, frenando la velocità della nave per godere fino in fondo ogni
singolo istante che il tempo gli concedeva di passare lì, al centro della sua
amante, fra le sue braccia, fra i suoi sospiri, i suoi sguardi carezzevoli, i
suoi occhi turchini, la sua pelle vellutata. Ma il tempo non aspetta gli
amanti, non si frena e trascina dietro di sé tutto il suo mondo, senza
adattarsi alle necessità di nessuno, e con sé porta la notte e il giorno, i
mesi, le stagioni e, soprattutto per un navigatore, i venti. Il tradimento è
sempre in agguato, per due persone che si amano. Per quanto amore ci possa
essere, per quanto profondo esso sia, l’imprevisto è elemento inevitabile nella
vita degli esseri viventi, così come nella vita della natura e, fra i venti, i
monsoni sono quanto di più imprevedibile le stagioni possano offrire, sono il
periodo dell’ambiguità, il volubile che si fa tangibile. Ecco perché,
nonostante non fossero nemmeno giunti i primi giorni di ottobre, il monsone
invernale, quell’anno, aveva deciso di arrivare, inaspettato, violento, carico
di nubi tronfie e scure, bagnate ed estese. L’acqua del mare liberava tutto il
calore che aveva accumulato durante l’estate, offrendolo senza pudore alla
fredda atmosfera al di sopra della sua superficie. Aspirando così l’umidità,
formava una coperta di nuvole sopra la quale i venti cominciarono a giocare fra
di loro ad altissima velocità dando alle nubi un movimento a spirale, e sotto
la quale lei, l’acqua del mare, diede inizio a una danza a imitazione della
ballata superiore[...]--

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