domenica, 06 febbraio 2005 - 09:29
E' considerato il primo grande intellettuale dell'età neoclassica. Figlio
naturale dell'illuminismo, incarna in sé tutti i fermenti culturali del mondo
in cui visse. Nella sua opera si trovano tutti gli elementi culturali che
caratterizzano l'età a lui contemporanea (Neoclassicismo, Illuminismo, Preromanticismo).
Detto questo, non è certo possibile analizzare l'opera di Foscolo attraverso un
itinerario in cui si distingua una fase illuminista poi una fase neoclassica e
infine una fase preromantica; troveremo soltanto opere in cui sono presenti
insieme tutti e tre questi elementi (persino nelle "Grazie", che
sembrano un regresso culturale verso il neoclassicismo dopo gli slanci dei
"Sepolcri").
Sul piano strattamente personale invece, la nativa Zante, che definì "la
culla della civiltà" restò sempre la sua patria ideale, tanto da dedicarle
un bellissimo sonetto (il celeberrimo "A Zacinto"). Elementi
autobiografici della vita del Foscolo sono presenti nelle "Ultime lettere
di Jacopo Ortis", anche se spesso e volentieri l'autobiografia cede il
passo alla fantasia, presentandone quegli ideali (chiamati poi
"illusioni") che, secondo Foscolo, permettono all'uomo di vivere la
propria interiorità in modo meno drammatico, essendo addirittura validi argini
psicologici contro il suicidio. Nell'Ortis, ad ogni modo, troviamo abbozzati
tutti gli elementi che verranno elaborati nelle opere successive (gli ideali
della patria, della poesia, dell'amore....). Il protagonista segue una
direzione diversa dallo scrittore: Ortis arriva al suicidio, Foscolo no pur
sempre aspirando alla pace e alla tranquillità nella sua travagliata esistenza.
Profondamente materialista e credente nella natura "meccanica"
dell'esistenza (il suo lato illuministico, potremmo dire), visse in modo
lacerante il momento di crisi dell'illuminismo, tanto da determinare in lui una
visione pessimistica della vita. Foscolo aspirava alla gloria, alla fama,
all'eternità ma la concezione illuministica (che vedeva la vita fatta di
movimenti meccanici) limitava di fatto la realizzazione di queste aspirazioni, essendo
l'ottica di quella filosofia legata alla convinzione che l'uomo sia un essere
finito e soggetto a scomparire dopo la morte. "Le illusioni" danno un
senso all'intera esistenza e contribuiscono alla convinzione che vi sia pur
qualcosa per cui valga la pena vivere invece che darsi la morte autonomamente.
Le illusioni, in sostanza, sono la patria, la poesia, la famiglia, l'amore.
Era proprio Foscolo che sosteneva che "L'arte non consiste nel
rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentare con novità": versi antichi su rime nuove.
Zante è la sua Itaca, egli stesso è Ulisse. Tuttavia, "La noia proviene o da
debolissima coscienza dell'esistenza nostra, per cui non ci sentiamo capaci di
agire, o da coscienza eccessiva, per cui vediamo di non poter agire quanto
vorremmo.", pertanto è consapevole del fatto che, se, come Ulisse, ama la
sua patria fino a dedicarle una poesia, a differenza della sua versione mitica,
egli non tornerà mai a Zante. Costretto
a un esilio volontario che lo allontana dalla simpatia per Napoleone, Foscolo
si aggrappa alle sue "illusioni", nella speranza di riuscire a
sopportare la vita e la sua "codardia" nel non saper morire.

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