martedì, 08 febbraio 2005 - 16:36
L'8 febbraio 1888 nasce ad
Alessandria d'Egitto il grande poeta Giuseppe Ungaretti, da Antonio Ungaretti e
Maria Lunardini entrambi lucchesi. Nella città natale trascorre l'infanzia e i
primi anni della giovinezza. La famiglia si era infatti trasferita in Africa
per ragioni di lavoro. Suo padre, però, che lavorava come operaio alla
costruzione del canale di Suez, muore in un incidente; la madre è così cotretta
ad arrangiarsi ma riesce a mandare avanti la famiglia grazie ai guadagni di un
negozio della periferia di Alessandria. Il piccolo Giuseppe viene dunque
allevato dalla madre, da una balia sudanese e da Anna, un'anziana croata,
adorabile narratrice di favole. Si trasferisce in Italia con
l'intenzione di compiere studi di diritto a Parigi per poi tornare in Egitto. A
poche settimane di distanza si reca finalmente a Parigi, raggiunto poi da
Mohammed Sceab, che muore però suicida qualche mese dopo. Si iscrive alla
facoltà di lettere della Sorbona e prende alloggio in un alberghetto in rue Des
Carmes. Frequenta i maggiori caffè letterari di Parigi e diventa amico di Apollinaire, al quale si lega di
profondo affetto.
Malgrado la sua lontananza dall'Italia, rimane comunque in contatto con il
gruppo fiorentino che, staccatosi dalla Voce, ha dato vita a Lacerba. Nel 1915
pubblica proprio su Lacerba le prime liriche. Viene però richiamato e inviato
sul fronte del Carso e su quello francese dello Champagne. La prima poesia dal
fronte è datata 22 dicembre 1915. Ungaretti si rivela poeta rivoluzionario,
aprendo la strada all'ermetismo. Le liriche sono brevi, a volte ridotte ad una
sola preposizione, ed esprimono forti sentimenti.
Da:http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=50&biografia=Giuseppe+Ungaretti
Estremamente forte e
consapevole della vita che si ritrova ad affrontare, Ungaretti non lascia
spazio a sentimentalismi: un crude dolore e una sprezzante realtà. La
sofferenza umana di un uomo, così come è. Laconico o prolisso, è senz'altro un
poeta dal verso essenziale. Anticipa l'ermetismo, ma non egli non nasconde
nulla: allegorie e simbolismo sono di una chiarezza terrificante. Ci si sente
dentro le strofe, dentro al suo dolore.
VEGLIA
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
(Cima Quattro il 23 dicembre 1915, Giuseppe Ungaretti)


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