lunedì, 11 ottobre 2004 - 15:43
I fiumi
Cotici, il 16 agosto 1916.
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo e guardo il passaggio quieto delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un'urna di acqua e come una reliquia ho riposato
L'Isonzo scorrendo
mi levigava come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr'ossa e me ne sono andato come un acrobata sull'acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni sudici di guerra e come un beduino mi sono chinato a ricevere il sole
Questo è l'Isonzo
e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra dell'universo
Il mio supplizio
è quando non mi credo in armonia
Ma quelle occulte
mani
che mi intridono mi regalano la rara felicità
Ho ripassato
le epoche della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto duemil'anni forse di gente mia campagnola e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto nascere e crescere e ardere d'inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido mi sono rimescolato e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell' Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno mi traspare ora ch'è notte che la mia vita mi pare una corolla di tenebre | ||
giovedì 9 febbraio 2012
Per esprimere l'infuocante mia nostalgia innalzo a voi questa malinconia ungarettiana
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