venerdì, 17 settembre 2004 - 15:33
Nel 1934, Kalindi Achala sbarca in
Italia. E' l'Italia di Mussolini, l'Ialia fascista. Interessante, però, in
questo caso, non è il clima storico, bensì quello culturale dei novecentisti.
Sta esplodendo, già da un po' di anni, lo stile simbolista, l'ermetismo dei
seguaci di Ungaretti (il quale non ha nulla a che vedere con l'ermetismo),
l'espressionismo e il surrealismo di Campana,... Kalindi si innamorà
dell'Italia, come la maggior parte dei letterati dell'epoca. Staziona
soprattutto a Firenze, culla dell'Umanesimo. Tenta di irrompere nella vita
culturale dell'epoca e del Paese, incontrando e scontrandosi con non poche difficoltà
in quanto donna, in quanto poco conosciuta dal punto di vista letterario.
Tuttavia, comincia a frequentare "in borghese" il Cafè San Marco, una
delle due sedi nobili della letteratura fiorentina, e Piazza della Repubblica,
allora Piazza Vittorio Emanuele, dove tenevano le loro discrete lezioni Montale
e gli uomini di Solaria. Ma soltanto quando, seguendo i giovani studenti del
San Marco, fu ammessa alle Giubbe Rosse entrò in perfetta adesione con
l'ermetismo. Difatti, esso ebbe veramente inizio proprio in questa occasione,
quando la gioventù più avvertita cercava di sottrarsi all'influenza delle
generazioni precedenti. Proprio come gli ermetici, Kalindi aveva un forte
desiderio di andare a cercare all'estero quello che non trovava nel suo Paese o
che conosceva in maniera imperfetta. Pertanto,
Kalindi conobbe l'Italia di Bo e Bettocchi, di Luzi e Alfonso Gatto, di Montale
e di Ungaretti, Pascoli... Sappiamo tutti molto bene quanto le donne siano
state le "Muse" delle poesie di Montale: chissà se anche Kalindi fu
una di quelle? Il dubbio rimane, soprattutto a proposito dello scritto montaliano
"Su una lettera non scritta"; che non faccia riferimento al mare che
lo separerà dall'India?

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